Si ricorda che secondo le norme previste in materia di tutela della maternità, il datore di lavoro deve valutare insieme alle lavoratrici in gravidanza l’eventuale opportunità di una modifica delle loro condizioni lavorative, di un cambio di mansione o dell’astensione dal lavoro.

In base alla normativa vigente (artt. 7, 8, 11, 12, 17 del D. Lgs. 151/01 e L. 35/2012, D.Lgs. 81/08), il datore di lavoro in collaborazione con il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e con il Medico Competente, consultato il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, deve anzitutto identificare le mansioni/lavorazioni vietate per la gravidanza e/o l’allattamento.

Allo scopo integra il documento di valutazione dei rischi con l’analisi e l’identificazione delle operazioni incompatibili, indicando, per ognuna di tali mansioni a rischio, le misure di prevenzione e protezione che intende adottare quali:

  • modifica ove possibile delle condizioni di lavoro e/o dell’orario di lavoro;
  • spostamento ove necessario della lavoratrice ad altra mansione non a rischio.;
  • in caso di lavori pregiudizievoli che non prevedono possibilità di spostamento, il datore di lavoro informa la ITL e richiede l’attivazione del procedimento di astensione dal lavoro. La ITL emette un provvedimento d’interdizione o diniego entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione completa;

Il datore di lavoro deve informare tutte le lavoratrici in età fertile dei risultati della valutazione e della necessità di segnalare lo stato di gravidanza non appena ne vengano a conoscenza.
Relativamente alle mansioni/lavorazioni, la normativa vigente vieta di adibire le donne in stato di gravidanza e fino al settimo mese dopo il parto a lavorazioni in cui si fa uso di agenti fisici, chimici e biologici pericolosi e nocivi per la madre e il bambino.

In particolare per quanto riguarda il rischio biologico, l’art. 267 del D.Lgs. 81/08, definisce:

  • agente biologico: qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
  • microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
  • coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

Secondo l’art. 268 gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
gruppo 4:un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

Il decreto legge 125/2020 dà attuazione alla direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, inserendo nell’allegato XLVI del d.lgs 81/2008 il virus Sars-Cov-2 – Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2. Il virus è classificato agente biologico di gruppo 3, in quanto può causare malattie gravi e costituisce un serio rischio per i lavoratori. La valutazione del rischio biologico va quindi aggiornata per tutte quelle realtà lavorative che “fanno uso” di questo agente biologico, come laboratori di ricerca e di analisi, case di cura e ospedali dove i lavoratori possono essere esposti al virus per motivi professionali. Rimane invece un rischio generico, e quindi non va effettuata la valutazione del rischio biologico, per tutte le realtà produttive dove non è presente esposizione a tale agente per motivi professionali.

Si allega una check list che può essere utilizzata dal datore di lavoro per valutare la compatibilità di ogni postazione di lavoro nella quale viene o potrebbe essere impiegata una lavoratrice, con lo stato di gravidanza o con il puerperio

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