È stato pubblicato in G.U. n. 252/2021 il D.L. 146 del 21 ottobre 2021, c.d. Decreto Fiscale, in vigore dal 22 ottobre 2021, recante importanti misure, sia fiscali e finanziarie, sia a tutela del lavoro, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, anche tenuto conto degli effetti conseguenti all’emergenza epidemiologica da COVID-19. In particolare, viene prevista la proroga degli ammortizzatori sociali emergenziali, il rifinanziamento della malattia per quarantena, i congedi parentali per i figli in DAD o in quarantena, nonché il potenziamento delle misure di sicurezza sul lavoro e il rifinanziamento del Reddito di cittadinanza. Si riepilogano le principali disposizioni di interesse.


Articolo 8 – Quarantena

  • Rifinanziamento
    Fino al 31 dicembre 2021 il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria dai lavoratori dipendenti del settore privato è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto. Il finanziamento è destinato anche alle tutele per i lavoratori fragili con assenze equiparate al ricovero ospedaliero.Rimborso una tantum
    Dal 31 gennaio 2020 al 31 dicembre 2021, i datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le Gestioni Inps, esclusi i datori di lavoro domestico, hanno diritto a un rimborso forfettario, anziché totale, per gli oneri sostenuti ai sensi dell’articolo 26, D.L. 18/2020, relativi ai propri lavoratori dipendenti non aventi diritto all’indennità di malattia Inps. Per ciascun anno solare, il rimborso è riconosciuto dall’Inps al datore di lavoro una tantum, con un importo pari a 600 euro per ogni singolo lavoratore, ed è previsto solo nei casi in cui la prestazione lavorativa, durante l’evento, non possa essere svolta in modalità agile. Per il rimborso il datore di lavoro dovrà presentare apposita domanda telematica corredata da dichiarazione attestante i periodi riferiti alle tutele da trasmettere nelle modalità ed entro i termini che saranno indicati dall’Inps. Il beneficio è riconosciuto nel limite massimo di spesa complessivo pari a 188,3 milioni di euro per l’anno 2021, dando priorità agli eventi cronologicamente anteriori.

Articolo 9 – Congedi parentali COVID-19

  • Fino al 31 dicembre 2021, il lavoratore dipendente genitore di figlio convivente minore di 14 anni, alternativamente all’altro genitore, può astenersi dal lavoro per un periodo corrispondente in tutto o in parte alla durata:- della sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza del figlio,
    – dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio,
    – della quarantena del figlio a seguito di contatto, ovunque avvenuto.Il beneficio è riconosciuto, altresì, ai genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata, a prescindere dall’età del figlio, per la durata dell’infezione da SARS-CoV-2 del figlio, per la durata della quarantena del figlio ovvero nel caso in cui sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica o educativa in presenza o il figlio frequenti centri diurni a carattere assistenziale dei quali sia stata disposta la chiusura.
    Il congedo può essere fruito in forma giornaliera o oraria.
    Per i periodi di astensione è riconosciuta, nel limite di spesa di 28,7 milioni di euro per l’anno 2021, un’indennità pari al 50% della retribuzione.
    I suddetti periodi sono coperti da contribuzione figurativa.
    In caso di figli di età compresa fra 14 e 16 anni, uno dei genitori, alternativamente all’altro, ha diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.Alternatività fra genitori
    Per i giorni in cui un genitore fruisce del congedo oppure non svolge alcuna attività lavorativa o è sospeso dal lavoro, l’altro genitore non può fruire del medesimo congedo, salvo che sia genitore anche di altri figli minori di anni 14 avuti da altri soggetti che non stiano fruendo di alcuna delle stesse misure.

Articolo 11 – Proroga ammortizzatori COVID: assegno ordinario e Cigd

  • I datori di lavoro privati con diritto all’assegno ordinario e alla Cigd, che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare, per i lavoratori in forza al 22 ottobre 2021, domanda di trattamenti COVID per una durata massima di 13 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.
    Per tali trattamenti non è dovuto alcun contributo addizionale.
    Tale ulteriore periodo è concesso ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di 28 settimane previsto dal D.L. 41/2021, decorso il periodo autorizzato.
    Le domande devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese di novembre 2021.
    In caso di pagamento diretto, ferma restando la possibilità di ricorrere all’anticipazione ex articolo 22-quater, comma 4, D.L. 18/2020, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto (21 novembre 2021), se posteriore.

Articolo 11 – Proroga ammortizzatori COVID settore tessile

  • I datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili, identificati, secondo la classificazione delle attività economiche ATECO 2007 con i codici 13, 14 e 15, che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare, per i lavoratori in forza al 22 novembre 2021, domanda di trattamento ordinario di integrazione salariale COVID per una durata massima di 9 settimane nel periodo tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2021.
    Per tali trattamenti non è dovuto alcun contributo addizionale.
    Tale ulteriore periodo è concesso ai datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il periodo di 17 settimane previsto dal D.L. 73/2021
    Le domande devono essere inoltrate all’Inps, a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa. In fase di prima applicazione, il termine di decadenza è fissato entro la fine del mese di novembre 2021.
    In caso di pagamento diretto, ferma restando la possibilità di richiedere l’anticipazione, il datore di lavoro è tenuto a inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale, oppure, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione. In sede di prima applicazione, i termini sono spostati al trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto (21 novembre), se posteriore.

Articolo 11, commi 7 e 8 – Blocco licenziamenti

  • Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale COVID-19 ai sensi del decreto, resta precluso, per la durata della fruizione del trattamento di integrazione salariale, l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e il recesso per giustificato motivo oggettivo, e sono sospese le procedure in corso ex articolo 7, L. 604/1966.
    Rimangono possibili i licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, con diritto alla NASpI. Sono, altresì, esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

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